IL TAMARRO : DOVE VIVE, COME SI SPOSTA
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Written by Lkl Skywalka
Il tamarro e' un'entita'
semovente, semiumana, semicerebroleso (spiego: e' semicerebroleso perche' la
sua altra meta' cerebrale, quella che dovrebbe
essere sana e senziente, e' in realta' sostituita da una rappresentazione in
scala ridotta del vuoto cosmico). In quanto tale, in alcuni casi necessita di
spostarsi, di abbandonare, anche se temporaneamente il luogo di ritrovo per
eccellenza dei tamarroni: la sala giochi. Purtroppo tale locale e' frequentato
anche dai normali esseri umani, che sono costretti a sorbirsi l'appestante compagnia
dei funesti figuri. Perche' i tamarri si incontrano in sala giochi? Non certo
per usufruire delle apposite attrezzature di svago. Loro si ritengono superiori
(anche perche' interpretano questa parola in una chiave diversa di lettura),
non giocano coi videogame, i loro soldi preferiscono investirli meglio. Li vedrete
infatti aggirarsi spesso come avidi spettri, alla costante ricerca del millino,
o anche di 200, 100 e 50 lire (tutto fa brodo), chiaramente tra poco dovranno
aggiornarsi e convertire la cifra in euro, allora si che ci sara' da ridere!
Ordunque, a cosa serve questo fantomatico millino? Presto detto. Provate a domandarglielo,
vi racconteranno storie sempre diverse e verosimili quanto potrebbe essere la
storia di Atlante che regge il mondo sostenuto da una tartaruga. La piu' classica
e' quella della telefonata (e' un alibi che non regge, anche perche' nessun
tamarro potrebbe comporre un numero telefonico, visto che l'istruzione e la
tamarraggine si oppongono come poli uguali di una calamita) - anche perche'
il tamarro dispone quasi sempre di un telefonino, sebbene non ne conosca l'utilizzo
e la funzione primaria, che non e' quella di gadget da esposizione ma di mezzo
di comunicazione vocale -NdAabo. Il tamarro potrebbe anche fingersi (grazie
alle sue camaleontiche capacita', invero molto scarse) un volontario di chissa'
quale attivita' caritatevole senza scopi di lucro, tesi questa che si vedra'
ben presto confutata. Potrebbe trasformarsi in un legionario di ritorno da una
missione suicida, reduce da una traversata oceanica effettuata in stile farfalla.
Bocciata anche questa. Quando il tamarro ha esaurito il suo repertorio, senza
ottenere nulla, tenta di intimorire il reticente videogiocatore. "Se non mi
dai una mille lire, ti do una sberla che ti chiudo come uno Stattac (storpiatura
del nome proprio del noto telefonino che, suo malgrado, e' diventato uno status
simbolo per il tamarro doc, che farebbe follie per procurarsene uno rubato)".
A questo punto si giunge ad un bivio:
Naturalmente, il tamarro
si puo' anche avvicinare per chiedere una sigaretta (il suo codice d'onore gli
impedisce di comprarsele), ma questa e' un'altra storia. Quando la sala giochi
chiude, i tamarri rimangono la' dove sono stati tutto il giorno, cioe' fuori,
seduti sui loro motorini elaborati con pezzi di ricambio di derivazione aeronautica.
E la rimarranno a discutere, fino a che non cadono sfiniti dal sonno e dal fumo
di spinelli tagliati con l'insalata. Ma di cosa puo' discutere un tamarro? E'
naturale che siano argomenti toccanti, prerogativa di uomini sensibili. Temi
di attualita'. I grandi interrogativi della vita. E' naturale che siano proprio
questi i temi che non vengono assolutamente toccati. I tamarri parlano a rotazione
di: motorini, ragazze (che comunque esistono solo nella loro immaginazione oppure
sono il loro corrispondente femminile) e risse. Quando l'interessante conversazione
cade (per knock out tecnico dei partecipanti, annientati dallo sforzo cerebrale),
i tamarri tornano a casa. Un rumore metallico. I genitori si svegliano. La chiave
gira nella toppa, una volta. La madre inizia a piangere. 2 giri. Il marito si
fonde al dolore della moglie (si dannano pensando al figlio che, ancora una
volta e' ritornato a casa). 3 giri e il tamarro e' dentro. Dentro il frigorifero
che assalta con brutale ingordigia. E un altro giorno e' passato, adesso deve
passare la nottata. Il sole splende torna a splendere sulla sciagurata abitazione,
il tamarro si sveglia (sono le 15 e 31 minuti), fa colazione e pranzo contemporaneamente,
si veste (e come se si veste!) e scende. Nessuno al mondo saprebbe immaginare
quale sia la destinazione. E cosi', per non deludere i suoi detrattori, il tamarro
incontra gli altri della sua risma la' ove tutti si aspettavano di vederlo.
E' il momento fatidico: le scorte di fumo e di cartine scarseggiano, il nutrito
gruppo potrebbe estinguersi prima della fine del giorno. E' giunto il momento
di entrare in azione. Muniti di fondi dalla dubbia provenienza, i tamarri partono.
Coloro che non possiedono un mezzo proprio (i soliti aerei a reazione travestiti
da motorini), devono ripiegare sui mezzi pubblici. Il tamarro che sale sul pullman
si riconosce subito, anche senza guardarlo: prima si ode una voce roca e sgraziata
che chiede al conducente: Capo, ma sto pullman passa per... (sostituite i puntini
con una localita' qualsiasi ove sia facile reperire le cosiddette "droghe leggere").
Rassicurato, il nostro blasfemo compagno di viaggio si dirige verso i posti
abitualmente riservati a questa indegna specie: i seggiolini dell'ultima fila
Per giungere al suo posto, il tamarro attraversa il pullman in tutta la sua
lunghezza, entrando sempre e comunque dalle porte con su scritto, in bella evidenza
"VIETATO SALIRE". Cammina e canta, il suo cuore e' gioisce al pensiero del rifornimento,
il cervello (Atrofico) vorrebbe associarsi al tripudio, ma cosi facendo metterebbe
in serio pericolo la vita, peraltro inutile, del tamarro. E' infatti provato
che l'organo pensante non e' in grado si provare sentimenti senza sospendere
le funzioni primarie. Il tamarro giunge a destinazione cantando (leggi: bofonchiando
frasi senza senso). Se e' solo, si schiea (trad.: si sdraia) , occupando totalmente
la zona finale del mezzo, finche' non sopraggiunge un suo simile, con cuoi dividere
in parti uguali il predominio dei suddetti posti. Inizia cosi' la conversazione
su scempiaggini varie. Naturalmente, nessuno dei due ha il biglietto. Fermata.
Sale il controllore. Dopo un iniziale momento di panico, il tamarro ritrova
il suo proverbiale sangue freddo, anzi la sua perenne faccia di bronzo. Il controllore
avanza, sino a
giungere in prossimita' dei due poco di buono. "Biglietti", dice. Un tamarro
inizia a snocciolare la storia della vecchia madre moribonda che gli ha confidato
un ultimo desiderio: vorrebbe morire calzando delle pantofole rosa a forma di
coniglietto. Il controllore, indulgente e comprensivo, estrae dalla giacca un
simpatico manganello d'acciaio temprato rovente, circondato da acuminati chiodi
avvelenati. Il tutto e' percorso da elettricita' a 20.000 volt. Naturalmente,
l'impugnatura e' isolata dal resto. Ostentando una sicumera derivata da anni
e anni di assoluta dedizione al lavoro, l'anziano controllore inizia a sferrare
colpi col suddetto manganello ad una velocita' talmente elevata che risulta
impossibile vederli ad occhio nudo. Gioverebbe di molto una telecamera ad alta
velocita', di quelle da 10.000 fotogrammi al secondo. Vittima della tempesta
di colpi generata dal controllore e' anche l'altro tamarro. L'occhio clinico
dell'Entita' ne ha rilevato la mancanza del biglietto. I due tamarri trovano
la fuga lanciandosi all'unisono contro il vetro adibito ad uscita di emergenza,
mandandolo in mille pezzi. E tutti i mille pezzi, ne' uno piu' ne uno meno,
attutiranno la caduta dei due, conficcandosi nelle carni abbronzate dalle lampade.
I due si alzano, si sorreggono a vicenda, entrambi inconsci della figura di
prodotto di scarto della digestione di cui sono vittima. La scena si e' svolta
in pieno centro e gli occupanti del pullman, lieti di aver abbandonato il pesante
fardello, non provano commozione alcuna per i sanguinolenti sventurati. La coppia
si dirige adesso verso la stazione ferroviaria. Si serviranno del buon, vecchio
treno.. Memori dell'esperienza appena vissuta, i due salgono di nuovo senza
biglietti., confidando nella loro fortuna (la Dea Bendata doveva essere addirittura
cieca quando i genitori dei due ne decisero il concepimento...). E infatti,
subito dopo la chiusura degli sportelli, tempo una frazione di secondo, compare
di nuovo l'Entita', questa volta sotto forma di un controllore delle FFSS. La
domanda e' la solita, diversa la risposta. Il bulbo cerebrale dei due conserva
ancora memorizzati (causa la sua eccezionale lentezza) i momenti di terrore
puro vissuti in seguito alla precedente risposta. Intelligentemente (se di intelligenza
si puo' parlare...) cambiano tattica. Muti. Non si muovono. Vogliono farsi credere
morti? Vogliono essere assorbiti dal vagone ferroviario? Vogliono mimetizzarsi
(sfruttando le gia' citate doti mimetiche)? Fatto sta che il controllore, calmo
e freddo come non mai, non batte ciglio. La sudorazione dei due e' invece estrema.
Sul fondo del treno si depositano 40 millimetri di sudore. Il panico si sta
impadronendo di loro, per la seconda volta in pochi minuti: A un certo punto,
uno dei due (quello che gia' prima aveva avuto la brillante idea di concepire
l'insulsa storiella) finalmente parla. "I biglietti? Li fa Mario Abate" (frase
totalmente priva di senso, con la quale i tamarri amano rispondere, masochisticamente,
alla domanda del controllore). L'Entita' e' indecisa: potrebbe fracassarli subito
col manganello elettrico, oppure portarli alla centrale della polizia (in modo
che i gendarmi possano tranquillamente collaudare gli ultimi ritrovati nel campo
della tortura) . Nella sua infinita generosita' potrebbe persino permettere
loro di continuare il viaggio, ad una condizione: saranno legati ad una qualsiasi
delle ruote del treno. Incapace di scegliere, decide di bastonarli selvaggiamente
durante il tragitto che li portera' in Pretura. Contemporaneamente si premura
di avvertire i poliziotti, che potranno cosi' accogliere i malvagi in pompa
magna. Quindi, paradossalmente, uno dei mezzi di trasporto prediletti dei tamarri
e' il Controllore, per strano che possa sembrare... Il tamarro usa anche i motorini,
e' assiomatico. Nulla di nuovo direte voi. Ma se vi dicessi che invece cambia
il sistema di propulsione del mezzo? Vi starete gia' chiedendo quali siano gli
ingegnosi sistemi adottati... Motori a turbine alimentate a idrogeno? Una vela?
A spinta? No, nulla di tutto cio'. E' il miglior amico dell'uomo, nella fattispecie
il pitbull, il miglior amico del tamarro. Praticamente a qualsiasi ora del giorno
o della notte potete vedere il tamarro, accompagnato da un suo simile, farsi
trainare a bordo del motorino dallo sventurato cane. La povera bestia vorrebbe
starsene a casa, a guardare la televisione (cosa che il tamarro fa in poche
occasioni, e' cioe' quando vengono trasmessi: Il Camorrista; Milano-Palermo
solo andata (a me era piaciuto: che sia un tamarro anch'io? NdAaBo); La Piovra;
a scelta qualsiasi altrabanale fiction sulla criminalita'). E invece no. Il
tamarro deve mostrare agli altri la sua belva, il frutto di un costante e intenso
addestramento. Il tamarro e' forte, e non e' solo. Con lui c'e' il suo cane.
E nessuno avverte la Protezione Animali, consci del fatto che difficilmente
distinguerebbero la bestia (il tamarro) dall'animale (il povero pitbull). Il
mezzo di trasporto piu' distruttivo e letale e' e rimane comunque uno e uno
solo: il pullman. Non il mezzo pubblico, non quello che costa sangue e dolore
al tamarro. E' un pullman speciale. Non si direbbe. A prima vista sembra
un comune rudere anteguerra, un normale rottame da riciclare e che, per motivi
inesplicabili, e' destinato a percorrere ancora milioni e milioni di parsec
prima di ricevere il giusto pensionamento. L'apparenza inganna: e' il torpedone
che porta al mare! Alla guida un ignaro Caronte, che scortera' i dannati nel
loro piacevole inferno. Compare sulle statali che portano alle spiagge libere
verso giugno, per poi scomparire agli inizi di settembre. A bordo vi troverete
la peggiore feccia della terra, di fronte alla quale gli uomini in nero si sono
dichiarati impotenti. L'orribile ridda si sposta compatta a bordo di questo
veicolo satanico, intonando canzoni che non mi e' concesso riportare onde evitare
accuse di turpiloquio, mangiando durante tutto il tragitto, accompagnati da
un continuo sottofondo musicale fatto di rutti e peti. I miasmi si propagano
per le strade, amplificati dall'azione venefica dell'aria estiva, calda e umidiccia.
Salire a boro di un tale obbrobrio significa uccidere la propria anima, abbandonare
tutto cio' che e' umano per avvicinarsi al peccato. Adesso vi elenchero' i punti
necessari a definire il luogo che il tamarro omologa come adatto a trascorrere
come sua residenza estiva:
Una volta appuratosi che tali condizioni sussistano pienamente, il tamarro si lancia dai finestrini munito di cibarie che risulterebbero tossiche per i comuni mortali, ma che risultano commestibili allo zarro per un raro fenomeno di assuefazione ai veleni. Inizia la sua corsa alla conquista del mare, di quel mare di schifezze che non attende altri che lui. Il tamarro, commosso, giunto sul bagnasciuga, si inginocchia, bacia la spiaggia umida e virulenta, poi si getta nel mare acquitrinoso ed esplica le sue funzioni urinarie. Il viaggio e' stato lungo. Il tamarro, esperto in nuoto subacqueo, si tuffa. Il suo stile e' perfetto, (il suo costume un paio di mutande) l'effetto e' equiparabile alla caduta di una roccia lavica nelle sabbie mobili. Abile si destreggia tra gli scogli radioattivi, alla ricerca delle cozze, vero motivo della spedizione. Raccolti quei pochi quintali di cozze contaminate, il tamarro, con ai piedi le classiche pantofole di gomma trasparente, corre sulla spiaggia, evitando sapientemente i cumuli di immondizia e brani di carne decomposta, pronto a trasformare il frutto della sua raccolta in una gustosa e virulenta impepata di cozza, dividendo fraternamente con i suoi familiari la prelibata pietanza. Dopo mangiato, il tamarro inforca gli occhiali scuri e si sdraia al sole, circondato dal putridume. Cosparso di olio di semi di soia, carpisce sino all'ultimo raggio di sole. Quando ormai e' notte fonda, il disgraziato gruppo sale sull'autobus alla volta di casa. Un'altra giornata e' finita: domani sveglia alle sei, l'appuntamento con l'autobus e' per le sette...
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